Francesco è un ragazzo di 13 anni, che vedo in studio quando sta per dare l’addio alla vita, chiusa in una spirale anoressizzante che ha condotto lui e la famiglia sull’orlo del baratro.
Ha peregrinato per diversi centri dedicati alla cura dei disturbi del comportamento alimentare, in Italia e all’estero, mostrando sempre una reazione avversativa alle imposizioni alimentari che di volta in volta gli venivano prescritte.
Alcune reali, altre vissute come tali senza essere tali.
Quando lo vedo gli chiedo se abbia desiderio di parlare di qualcosa, qualsiasi cosa, mi risponde: ‘ Tutto, tranne che del mio peso. Non voglio diete, ordini, prescrizioni.’
‘Va bene’. Decido, assumendomi tutti i rischi che una scelta di questo tipo comporta, di non colludere con la questione alimentare con la quale lui ha cercato di tenere sotto scacco l’Altro familiare e sanitario.
Stupendo i genitori, abituati ad una riottosità indomabile, lui accetta di proseguire le sedute e, anzi chiede di anticiparne alcune.
Il tempo passa, il sintomo si scioglie. Momenti di abbuffata vincono la rigidità del controllo calorico e riportano il ragazzo in peso che garantisce la sopravvivenza.
Francesco si stava lentamente chiamando fuori dalla vita. Il mio atto deciso, quello di scegliere un altro discorso lasciando fuori dallo studio calorie e peso, ha significato la perdita di valore dello strumento anoressico
come mezzo di contrattazione con l’Altro. Uno strumento ormai usurato, che lo stava conducendo al dissolvimento come i medici avevano ormai constatato senza poter fare nulla, poiché egli non rispondeva nemmeno più ai ricoveri coatti con alimentazione indotta serrando la bocca.
Il modo col quale si fa da segretario nel dopo, è con un’opera minuziosa di attenzione e cura dei minimi particolari di parola che lui lascia cadere. Dunque un ascolto incondizionato, una reperibilità telefonica pressoché costante. Un sostegno familiare periodico e costante allo scopo di dare loro strumenti clinici per sostenere il cammino di Francesco.
Il meccanismo funziona. Lui non è più in pericolo di vita, questo è stato ben accettato da tutti. Quello che non viene accettato sono le intemperanze comportamentali, l’aggressività, la scelta di abbandonare alcune attività scolastiche privilegiandone altre.
Oggi lui parla solo di alcune cose, con passione e dedizione. E vive una vita meno isolata di prima, ha diversi amici, esce.
Litiga spesso, si è iscritto ad una squadra di pallavolo.
Porta tutto ciò che la spaventa in studio. ( ‘ Lo so che non è del tutto vero! Ma nella partita di sabato, due avversari mi guardavano in modo tale da farmi incazzare!!) , dopodiché torna la fuori, in quel mondo un po’ duro da digerire, ma col quale oggi non ha più una guerra in corso.
*(i dati anagrafici , geografici e qualunque segno che possa ricondurre al riconscimento sono paludati secondo le vigenti leggi sulla privacy)